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Lavoro e ”potere”
E’ noto che per lavoro si intenda l’espletazione di una attività, retribuita e regolata da un contratto, diretta a produrre un bene o un servizio per la comunità. Meno noto, anche se abbastanza familiare, è il concetto di potere. Per “potere” si intende la misura in cui un individuo, grazie alla sua posizione all’interno di un gruppo, ha la capacità o possibilità di controllare la vita degli altri individui. Nel mondo del lavoro, con l’inevitabile organizzazione dello stesso a struttura gerarchica, i ruoli di potere...
costituiscono una vastissima gamma che va dal capo squadra fino al capo dello stato. Il lavoro e il potere, inteso come il comando buono e giusto, hanno sempre marciato fianco a fianco. E fin qui non fa una piega, ogni vagone si aggancia al suo precedente e fa agganciare il suo successivo per procedere funzionalmente verso la meta comune. Ma l’uomo, in quanto animale intelligente, cedendo al potere ricattatorio del suo “ego” che gli promette in cambio la felicità, ha elaborato la possibilità di scorporare, una volta ottenuti i titoli necessari, il potere dal lavoro si da esercitare, quest’ultimo, liberamente e a proprio piacimento negli ambiti più svariati per ottenere i più svariati vantaggi da offrire al suo insaziabile ego. Il dramma si compie qui, in questo passaggio dove il “virgulto distrugge l’albero dal quale è nato”. Il ruolo lavorativo, sempre più spesso, rappresenta solo la pedana sulla quale esercitare il proprio potere cosa che, dati i fatti che descrivono i nostri tempi, si dimostra prioritaria rispetto a quanto previsto dal ruolo ricoperto. Le conseguenze di detta distorsione, purtroppo, sono molto note: prestazioni lavorative scadenti in ogni ambito, ma soprattutto straripamento dell’abuso di potere fino ai limiti della vergogna: sfruttamenti, illeciti, falsi, ricatti, abusi che spaziano dai danni alla persona, danni alla comunità, al patrimonio, alla morale, all’etica, all’ambiente e così via. Il potere esercitato dalla “sete di potere” sembra a volte possedere l’uomo al punto di fargli dimenticare se stesso tanto che, anche quando risulta ridicolo, non è più in grado di rendersene conto; la sua mente vuota e assediata brama solo il potere.. potere.. ad ogni costo. Una mente assediata comporta la repressione delle facoltà mentali e quindi della sana attività psicologica con un conseguente sfaldamento progressivo nonché perdite di vario tipo: perdita del senso della realtà, della coscienza civica, della capacità di discernimento, perdita della dignità ecc.. Il mondo del lavoro vuole guarire per se stesso e per tutto il popolo di nobili lavoratori, perché ciò diventi possibile, esso, deve recuperare il suo reciproco: la potestà, ovvero il comando buono e giusto.
Dr.ssa Elisabetta Vellone