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Lavoro: ogni problema ha la sua soluzione – basta cercarla –
Con amarezza ci rendiamo conto che di fronte alle cattive notizie tutti gli addetti all’informazione e persino il cittadino qualunque, a suon di ripetizioni ridondanti e grandi titoli, si affannano affinché le notizie relative ai “fattacci più disparati” con la velocità della luce facciano il giro del mondo. Pensando alle imprese economiche del settore/informazione,
le quali come ogni impresa economica, hanno il sacro obiettivo del lucro verrebbe da dedurre che l’affannarsi è normale e auspicabile, poiché loro scopo è vendere copie o fare odiens.
Vero! Ma perché i lettori e gli utenti si interessano tanto ai fattacci e quasi si disinteressano alle buone notizie? Ci riferiamo, ad esempio, alla nobile prova di civiltà, buonsenso e buon’intento, solo accennata dai media, relativa all’accordo raggiunto tra una azienda di Viterbo (Gruppo Sanitari Italia) e i propri dipendenti i quali, bypassando sindacati e confindustria, hanno stabilito assertivamente di sacrificarsi un po’ tutti per salvare Azienda e posto di lavoro.
In questo triste periodo di depressione, di sfiducia e rassegnazione, imperante nel mondo del lavoro, un segnale positivo e funzionale dovrebbe dar luogo agli effetti di chi trova l’oasi nel deserto; dovrebbe essere preso a modello e ad esempio considerandolo una formula da sperimentare, se non altro, per attivare riflessioni e soluzioni ipotetiche!
Ma, forse, l’uomo é incline all’autolesionismo; forse prova un irresistibile piacere a far la vittima, a soffrire e stare male e, soprattutto, nel ruolo di vittima si sente autorizzato a colpevolizzare gli altri per quello che non va; forse una dose di vigliaccheria, che lo rende spettatore passivo, gli impedisce di assumersi le proprie responsabilità e diventare protagonista di se stesso, nel bene e nel male.
E’ assodato che viviamo un’epoca di decadenza e di malcostume dove lo sport di tendenza sembra rappresentato dal trasgredire le regole e infrangere la legge, dove tutti sembrano tendere a servire egoisticamente solo se stessi in un eterno presente calpestando tutto e tutti, ma è altrettanto vero che stiamo diventando un popolo triste, scontento, lagnoso e sospettoso.
Ci siamo chiesti perché le cattive notizie diventano famose e quelle buone passano inosservate. Un vecchio proverbio, perpetuato dalla saggezza popolare, dice: “ il gatto della dispensa quello che fa pensa”. Il proverbio in questione altro non è che la versione naif del principio della “proiezione” in ambito psicologico secondo il quale l’individuo tende ad attribuire agli altri le proprie caratteristiche, i propri difetti e quanto di peggio contiene in sé.
Da cui si deduce che allora l’individuo è triste, scontento, lagnoso e sospettoso proprio di se stesso ed il vittimismo altro non è che il tentativo di esorcizzare detti contenuti; le cattive o brutte notizie assumono, quindi, nevroticamente il ruolo di ri-qualificatori indiretti, poiché mentre si raccontano le brutture degli altri ci si può illudere di essere perfetti.
Dr.ssa Elisabetta Vellone