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Perché un giovanissimo si toglie la vita
Il suicidio del “ragazzo dai pantaloni rosa”è stato , in questi giorni, motivo di riflessione per la maggioranza e, probabilmente, ciò che ha maggiormente catalizzato l’attenzione sul caso è stato il facile avvicendamento con il problema omofobo. I giovani sono giovani e meritano tutto il rispetto per la loro naturale condizione di esseri ancora immaturi quindi vulnerabili, impulsivi e a maggior rischio di devianza, ma tutti coloro che ormai sono adulti sapranno benissimo che...
difficilmente esiste una storia personale in cui, almeno in una circostanza, non ci si sia sentiti derisi e presi in giro dai pari; sapranno benissimo che proprio grazie a quella circostanza si è reagito diventando più forti e meno incantati.
I numeri dicono che oltre il 6% dei suicidi nel nostro paese è ad opera di giovani o giovanissimi e che gli eventi precipitanti, in ordine di maggiore incidenza, vanno ricercati, fra gli altri, in: situazioni di perdita o separazione dalle figure affettive; esperienze di insuccesso o idee fallimento personale; paure della punizione e sentimenti di rabbia ed ostilità verso gli adulti con desiderio di vendetta/punizione tramite il proprio suicidio. Come detto, però, questi possono essere gli eventi precipitanti, ma non certo la causa! La goccia che fa traboccare il vaso non è mai responsabile della pienezza del vaso stesso! E’ opportuno riflettere su questa metafora se si vuole comprendere il grave disagio giovanile che incalza.
Chi vive più a contatto con i ragazzi avrà avuto modo di notare che nella popolazione giovanile si distinguono sempre più frequentemente comportamenti che denunciano un malessere profondo, nei soggetti interessati, ci riferiamo a quei casi di umore costantemente depresso, a quei fenomeni di tendenza all’isolamento con difficoltà a relazionarsi con il prossimo, agli esagerati atteggiamenti di scoraggiamento, ai segnali di caduta del rendimento generale o scolastico o sportivo e a quello della generale perdita di interessi. Detti comportamenti, che potremmo definire segnali premonitori del rischio di suicidio (per quelli che non si arrendono nelle droghe), impongono inderogabilmente, alla società adulta, un esame di coscienza onesto e responsabile, poiché se un giovane di fronte agli inevitabili ostacoli di percorso non è in grado di reagire, riorganizzarsi e difendersi vuol dire che i suoi adulti autorevoli e i suoi modelli di riferimento non gli hanno fornito il materiale necessario alla bisogna quali: i valori, i credo e gli ideali. Cosa sta insegnando questa società adulta ai propri giovani? Quali sono i pilastri portanti promossi nella psiche? Quale l’eredità affettiva, morale e civile a cui poter fare riferimento e nella quale ripararsi nei momenti difficili? Quali sono le risorse promosse “pro” la delicata psicologia giovanile! Un giovane può scegliere di morire se non si sente amato e non riesce ad amare.
Dr.ssa Elisabetta Vellone