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Bambini viziati 1^ parte
Il genitore e la paura di far soffrire i propri figli.
Comprendiamo il valore della frustrazione
Il presente lavoro, frutto della trascrizione da parte di un genitore presente alla conferenza, è gentilmente offerto dallo stesso per l’utilizzo nel sito
Affronteremo l’argomento di oggi con l’ausilio di una panoramica essenziale relativa ai principi generali dell’evoluzione psico - emotiva della persona. Quanto basta, dunque, a comprendere il fenomeno del “bambino viziato” ... e della bassa tolleranza alla frustrazione. L’essere umano è una unità psicofisica, ogni funzione mentale e ogni apparato fisico non costituiscono sezioni a se stanti, ma parti integranti del “tutto” persona. Ogni fenomeno fisico o mentale ha un suo preciso e particolare momento di comparsa durante il quale è particolarmente vulnerabile e soggetto a devianza, aggiungiamo che il rischio devianza dovuta a detta vulnerabilità si può riflettere su altri equilibri dell’individuo in quanto tutti gli elementi sono interdipendenti e non una somma di apparati e funzioni.Apriamo qui una parentesi a proposito di funzioni ricordando, ad esempio, che la dipendenza infantile è funzionale alla sopravvivenza del piccolo, ma se protratta in età di autonomia diventa disfunzionale e dannosa. Sempre a tale proposito la condizione di dipendenza psicologica dalla figura genitoriale è opportuna e funzionale in quanto consente al piccolo di assumere detto modello come riferimento nel processo di costruzione della propria identità. Ancora a proposito di esperienze infantili e funzionalità anche la gestione dei “No” e relativa frustrazione rappresentano per il piccolo una preziosa opportunità per rafforzarsi nel carattere e sollecitare le proprie abilità e le proprie risorse per ristabilire lo stato di benessere.
Dal concepimento, e fino a tutto il primo anno di età, il bambino è guidato dal principio del piacere il quale grazie ad una tendenza innata a mantenersi in vita, consentirà al piccolo di informare il mondo esterno circa le sue condizioni buone/cattive attraverso il pianto ed altre modalità emotive. In questa fase il principio del piacere è funzionale alla sopravvivenza e allo stato di salute generale.
Progressivamente dal 2°/3° anno di vita, grazie al processo di maturazione in corso che consente ora la capacità di distinzione dell’altro da se stesso, il principio del piacere cede il passo al principio della realtà. Il piccolo grazie ad esso scopre ed impara a tener conto nel suo operare delle caratteristiche e le esigenze del suo prossimo; impara a tener conto della realtà fisica e sociale che lo circonda; impara a sopportare e gestire situazioni di tensione e di disagio personale (accettazione delle regole) rinviando ad esempio al futuro certe gratificazioni che prima pretendeva nell’immediato (oggi no, ma se ti comporti bene domenica prossima vedremo … ).
Sempre in questa fase la ricerca del piacere si emancipa lentamente in capacità di amare e l’aggressività in potenziale creativo. Viziare un bambino equivale a trattarlo come se fosse stabilmente nello “stadio del solo principio del piacere”; in effetti il piccolo viziato è un essere degradato attraverso la mortificazione della sua maturazione e del suo sviluppo, poiché “viziare” blocca ed ostacola la trasformazione dell’aggressività del piccolo in creatività/produttività. Parallelamente su un altro piano anche il “principio della realtà” si evolve in “principio dell’oblatività” nel senso che nel piccolo si manifesta la generosità e l’altruismo che lo guidano nello sforzo e nell’intento di una relazione valoriale (non si dice – non si fa perché mamma/papa non vuole). Segue seconda parte
Dr.ssa Elisabetta Vellone