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Lavoro: una storia come tante
Lavoro: una storia come tante
Ho 29 anni e vivo con mio padre pensionato, ho perso la mamma tre anni fa. Ho anche una sorella sposata che, però, per esigenze di lavoro di mio cognato, che è un militare, vive al nord. Diplomato ragioniere, ho sempre lavorato nell’ artigianato. A 21 anni ho ...
iniziato a lavorare in un forno, aiutavo in laboratorio e consegnavo il pane ai clienti poi, a causa dell’apertura di un famoso panificio nella zona, il piccolo forno per il quale lavoravo ha chiuso e così dopo quattro anni sono rimasto disoccupato. Ho bussato a mille porte del settore e dopo un pellegrinaggio di otto mesi sono stato assunto in un supermercato, nel reparto panetteria con un contratto a termine, ma alla scadenza non mi è stato rinnovato, poiché l’azienda ha assunto un altro dipendente con le stesse modalità con cui aveva assunto me. Trovandomi di nuovo disoccupato a quasi 27 anni ho compilato centinaia di mini curriculum e li distribuiti ovunque anche in tutte le cassette della posta che ho potuto raggiungere. Finora nessun risultato; il mio cellulare non ha mai squillato per una proposta di lavoro o per un colloquio. E’ più di un anno che non lavoro. A casa con mio padre non ci posso stare: lui è triste e la sua tristezza mi fa star male. La sua pensione non basta per l’affitto della casa e le spese correnti anche se non accende mai le luci, non telefona e non abbiamo riscaldamento. Possediamo una vecchia automobile, ma non la uso più, perché è scoperta di assicurazione. Ho qualche amico che si offre di darmi una mano, ma sono orgoglioso e non mi va che mi fanno l’elemosina, perché mi sentirei ancora più triste. Tutti mi dicono che è un momento difficile per il paese e che ci vuole pazienza, ma che vuol dire avere pazienza? Rinunciare, rinunciare, rinunciare? Vivo come un anziano: solo, povero, disoccupato e con poche speranze mortificando ogni giorno il mio diritto ad una vita dignitosa. Credo di avere i desideri di ogni ragazzo della mia età: desiderio di costruirmi un futuro, di crearmi una famiglia, di avere una autonomia economica, desiderio di conoscere un po’ il mondo del divertimento e dello svago e invece i miei migliori anni stanno passando ed io sono impotente, quasi emarginato e non so come fare; non so neanche come aiutare mio padre ad essere un po’ sereno. Vorrei comprargli della biancheria nuova ed un piumone per l’invero, vorrei portarlo a cena fuori per una volta e invece niente, niente di niente ….. Più volte mi è stato detto che dovrei reagire, che dovrei svegliarmi e che vivo nelle favole, perché ci sono tanti modi per fare un po’ di soldi in fretta. Io non mi sento adatto per certe cose, sono stato educato da persone perbene in una famiglia perbene, pensando alla mia vita vedo solo il lavoro come sbocco naturale per crescere ed affermarsi, ma il lavoro non c’è e non c’è nessun ente in questa società che ascolti una persona come me.
Questa intervista, trascritta nella versione autentica, è un documento semplice e severo, allo stesso tempo, di una realtà impavida che opprime tante famiglie e tantissimi giovani. Intenzionalmente evitiamo ogni forma di commento certi che il lettore preferirà poterlo fare personalmente.
Dr.ssa Elisabetta Vellone